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Omelia del Cardinale Jean-Louis Bruguès per la celebrazione del Preziosissimo Sangue del 12 giugno 2017

TOCCARE PER ESSERE TOCCATI
Solennità del Preziosissimo Sangue

Pubblichiamo il testo dell'omelia di Sua Ecc. Mons. ]eun—Louis Bruguès, - Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa, tenuta il 12 giugno 2017 durante la Celebrazione Eucaristica del Preziosissimo Sangue nella Basilica Concattedrale di S. Maria Assunta a Sarzana.

Nella lettera Che abbiamo appena ascoltato come prima lettura, l'apostolo Pietro parla di pellegrinaggio: «comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio» (1 Pt 1, 17). Egli lo intende, prima di tutto, come l'avventura del nostro passaggio su questa terra. Perché questa nostra traversata nel tempo è certamente un'avventura. Il tempo, in qualsiasi modo venga considerato, è per noi una prova. Ci lancia in un'esistenza per la quale nessuno di noi si è proposto volontario, perché nessuno ha mai potuto chiedere di nascere. Bisogna partire, sempre verso terre lontane e, come dice un poeta, attraversare i giorni, le notti e le stagioni capricciose. Ci alziamo al mattino, ma quando giungiamo alla sera non siamo già più gli stessi: abbiamo raccolto certamente una piccola messe di sensazioni, di riflessioni, e forse di incontri, ma abbiamo anche rosicchiato un pezzetto della nostra vita, siamo un po' invecchiati. Felici o infelici, ci tocca di andare avanti: non l'abbiamo scelto noi. La nostra tenda è appena piantata ed ecco che squilla il segnale di una nuova partenza; bisogna smontare tutto e riprendere il viaggio. Fermarsi è impossibile, impossibile rallentare. Ci tocca navigare tra il passato e il futuro, tra l'oblio e l'ignoto, perché il presente è per sua natura effimero, senza nessun'altra certezza di quella che un giorno moriremo: che ci esalti o che ci deprima, il tempo è una prova nella quale corriamo il pericolo di perdere noi stessi rischiando di perdere lui, il tempo.

La grazia del cristianesimo è, come ci suggerisce San Pietro, di trasformare questa avventura in pellegrinaggio. E in effetti noi apparteniamo ad una religione nella quale si sente il bisogno di toccare. Niente di simile accade per l'Islam o per le grandi religioni dell'Asia. Dopo che il Figlio di Dio si è fatto uomo ed ha assunto un corpo come il nostro, bisogna, in un modo o nell'altro, toccare questo corpo. Toccarlo per lasciarsi toccare. Il credente sente così il bisogno di ripercorrere gli stessi luoghi in cui il Cristo è vissuto, di respirare quella stessa aria, di vedere quella stessa luce, di percorrere quegli stessi itinerari, di toccare quelle pietre, di vedere gli edifici che sicuramente lo hanno visto passare... Un simile desiderio da parte del credente appartiene a ciò che noi potremmo definire una strategia amorosa: quando chi amiamo ci ha lasciato, non proviamo forse il bisogno di ritrovare i luoghi e gli oggetti che ci parlano ancora di lui o di lei, malgrado la sua assenza? Si può ancora toccare il Cristo avvicinandosi a coloro che gli sono stati vicini, come Maria, sua madre, o come i suoi discepoli, anche perché la loro santità li ha trasformati in immagini singolari e particolarmente toccanti della santità di Cristo, Sono nato a pochi chilometri da Lourdes: che cosa trovano le migliaia di pellegrini che vanno fin là, accarezzano la roccia su cui la Vergine è apparsa, bevono l'acqua dalla sorgente scaturita ai suoi piedi, vi si lavano. E si trovano persone simili in tutti i grandi luoghi di pellegrinaggio: a Loreto, a Roma, a Santiago di Compostela.

Sarzana si colloca tra questi luoghi straordinari, perché vi si venera un'ampolla contenente il sangue di Cristo. Lasciamo agli storici - noi non lo siamo - la cura di distinguere tra leggende e fatti autentici. Viaggi a Gerusalemme, messaggi inviati da angeli, scoperte di reliquie, trasferimento in Europa, dispute tra Luni e Lucca, scambi tra la santa Ampolla e il lino che conserva la traccia del viso di Cristo: esiste sempre una parte di verità anche nelle leggende più tenaci. Qualcuno un giorno ha chiesto a Padre Lagrange, il fondatore dell'École biblique de ]érusalem, che aveva fatto entrare un soffio di modernità nella teologia cattolica, di far visita a Saint-Maxìmin, luogo di pellegrinaggio frequentato in Provenza. Vi si venerano le reliquie di Santa Maria Maddalena, che sarebbe giunta in questa parte del sud della Francia, con la sorella Marta ed il fratello Lazzaro, e avrebbe chiuso i suoi giorni in una grotta, in mezzo a terribili penitenze. Queste reliquie - chiesero a Padre Lagrange - sono autentiche?. II domenicano, il cui processo di beatificazione si è già aperto, dichiarò impossibile per la scienza moderna pronunciarsi su fatti coperti dalla polvere dei secoli; e terminò così: «Io non so se Maria Maddalena, un tempo, sia venuta fino a Sainte-Baume, ma so che lei adesso si trova qui».

Lo stesso accade per Sarzana: noi veniamo qui pellegrini a venerare in una santa Ampolla, segnata da fenomeni misteriosi come la liquefazione, tutto ciò che il Sangue di Cristo apporta alla nostra fede. In un certo modo tocchiamo il Cristo; lo tocchiamo a Sarzana nella sua incarnazione, nel suo sangue. Poco tempo fa, mentre stavo per lasciare Sofia, dove mi ero adoperato per intessere nuovi legami tra la Biblioteca Vaticana e le due maggiori biblioteche pubbliche di Bulgaria - non dimentico di essere in qualche modo il continuatore di ciò che fece un figlio della vostra terra, Tommaso Parentucelli - ho ricevuto un'icona dipinta da un monaco di quei luoghi. Il soggetto era del tutto classico: la Crocifissione, mentre Maria esprimeva tutto il suo dolore tra le braccia delle donne che l'accompagnavano, e Giovanni, il solo Apostolo rimasto fino alla fine, sprofonda nella tristezza. Tutti quei volti esprimevano la pena più profonda. Tutti tranne quello del Cristo, che sembrava riposare quieto sul legno della Croce. Un Padre della Chiesa scrive: «sembra un leone che dorme», come se tutta la forza divina avesse deciso di annientarsi serenamente in un sacrificio supremo. Il suo corpo è coperto di sangue, quello versato sul Monte degli Ulivi, come Ci ricorda il Vangelo che abbiamo letto quest'oggi, e quello propriamente detto della Passione.

Ecco: il cerchio si chiude. A Cana, era stato un pranzo il primo atto della Vita pubblica di Gesù. E il momento era di festa, perché si trattava di un pranzo di nozze, ma la festa rischiava di durare poco: non c'era più vino. Senza vino, niente festa; senza festa, niente gioia; senza gioia, niente amore; senza amore niente nozze. Era venuta l'ora, per il Cristo, di inaugurare la sua missione di salvezza per gli uomini: cambiò l'acqua in vino. Durante l'ultima cena, poco prima dell'arresto sul Monte degli Ulivi, Gesù cambia quello stesso vino in sangue: «Prendete e bevete, questo è il mio sangue versato per tutti». Raccogliamoci in questa Messa, ma anche in questa così singolare Cappella della santa Ampolla, di fronte a questo Sangue che ci spalanca la via alle nozze eterne.

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